E infatti, arrivate davanti alla scala mobile che sale immobile per decine di metri, leggiamo il cartello “Out of order”.
Accidenti, per non dire altro, questa non ci voleva
proprio.
Ci guardiamo negli occhi un po’ demoralizzate e,
rassegnate, cominciamo a salire i gradini trasportando la valigia che sembra
già diventata più pesante. Tiriamo quella maniglia con tutta la forza che
abbiamo e lo sforzo ci colorisce il viso di rosso. Lo zaino pesa sulle spalle e
comincio già a sentire i tendini indolenziti.
Lo so che non devo guardare, ma sono sfinita e mi
sfugge un’occhiata in alto… Ma quanti gradini sono?!? Arrivano fino in cielo??
Sudate e sfinite finalmente vediamo la luce
dell’uscita, e arrivate in cima ci attende un bellissimo e caldo sole estivo
accompagnato da una gradevole brezza.
La mia organizzatissima compagna di viaggio sfila
dallo zaino il libro degli ostelli e Hotel del Regno Unito, e cerchiamo il nome
del nostro sulla cartina allegata.
Ovviamente è il più sperduto! Se costa poco c’è
sempre un motivo. E’ il più lontano dalla fermata della metropolitana.
Beh ormai siamo già sudate, quindi ci mettiamo di
buona lena a tirare le nostre valigie per le vie di Whitechapel.
Il quartiere è davvero squallido, pieno di vicoli
stretti e bui, lungo i quali sono ben visibili soltanto i rifiuti. Il colore
che prevale negli edifici è il grigio. Le strade sono sporche e piene di
gruppetti di ragazzi che guardano con insistenza le
ragazze che passano. Sembra che non abbiano altro da fare. Ci sono pochissimi
alberi e nessuna aiuola fiorita. Le mattonelle dei marciapiedi e delle
piazzette sono lasciate in condizioni precarie: alcune mancano, alcune
dondolano al passaggio e altre sono state tolte e appoggiate disordinatamente
forse da qualche vandalo. Guardiamo attentamente dove mettiamo i piedi…ci manca
solo una caviglia storta per aver messo il piede in una buca o su una
mattonella traballante!
Alcune insegne penzolano su un unico
cardine che ancora resiste alla forza di gravità e altre, pur essendo
saldamente ancorate al muro, sono talmente datate che il nome del locale si
legge a stento dopo un’attenta osservazione..
Oltrepassiamo una specie di mercato
all'aperto con alcuni banchi di alimentari e altri di indumenti. Guardando la
frutta e la verdura esposta ci chiediamo chi possa azzardarsi a comperarla dato
che la freschezza è solo un vago ricordo. Per non parlare delle spezie
(riconosco mazzetti di prezzemolo e rosmarino) sdraiate per terra tra mozziconi
di sigaretta e acqua piovana stagnante, a causa della mancanza di spazio sul
banco.
La sensazione è di decadenza e abbandono. L’odore di
rifiuti è persistente e penetra acre nelle narici. Stiamo attente a non toccare
nulla e a camminare driblando le pozzanghere di acqua e altri indescrivibili
liquindi marcescenti.
Sempre per non farci mancare niente, l’Ostello si
trova pure in cima a una collinetta. A dire la verità non è proprio una
collinetta. E’ piuttosto un piccolo dislivello…ma comunque in salita! E a
questo punto della camminata, con una valigia pesante alla mano e uno zaino che
ora sembra insostenibile, anche un piccolo dislivello appare come un’altissima
moltagna!
Il sole del primo pomeriggio è limpido come non mai
nel cielo di Londra.
“Solo che non ci venga un'insolazione!” dico con un
filo di voce a Elena.
“No, dai. L'insolazione no!” ride lei.
“Mi sembra di avere un uomo di 100 kg aggrappato
alle spalle!”
“Io non mi sento più le mani….”
Siamo sudate e stanchissime quando arriviamo ai
piedi della piccola collina. Manca poco ormai, circa 200 mt, quando mi arriva
chiaro e deciso un forte segnale di dolore dalla mano che tira la valigia.
Ma perché non ho pensato di mettere un fazzolettino
tra la mano e la maniglia?? Forse avrei evitato questa enorme …vescica!
Mentre mi riposo un minuto e controllo indispettita
la mia mano, noto che anche Elena si sta massaggiando le mani. Alza il suo
palmo aperto e capisco che la
maledizione della vescica ha colpito anche lei, purtroppo.
Mi guarda con un’aria rassegnata scuotendo la testa
mentre a mia volta le mostro la mia grossa e rossa vescica.
“Anche tu?” le chiedo.
“Certo! Non vedo l’ora di arrivare, appoggiare la
valigia e fare una doccia! Dopo, Londra, mi sembrerà sicuramente un posto
migliore!” mi dice lei con una inflessione di rabbia e fastidio nella voce.
Gli ultimi metri prima di arrivare sono davvero
duri. Non ne possiamo più.
Ma appena arriviamo davanti all’Ostello ci attende
un'altra brutta sorpresa: la reception è al primo piano e ovviamente non ci
sono né scale mobili, né ascensore.
Controlliamo se è possibile lasciare la valigia al
piano terra per poi prenderla dopo il check in, ma il via vai di ragazzi ci fa
presto cambiare idea. Ci manca solo che ci rubino la valigia il primo giorno!
Non possiamo neppure dividerci e lasciare che una
sola di noi faccia check in, perché la receptionist vorrà sicuramente vederci entrambe
per confrontare le foto sui documenti e farci firmare i moduli di accettazione.
Quindi, dopo alcune silenziose imprecazioni e
profondi respiri, ci facciamo coraggio e saliamo con molta fatica e molto
lentamente la rampa di scale per il primo piano.
Ormai non so più come tenere la valigia. Provo a
tirarla usando solo i polpastrelli, perché l’incavo di entrambe le mani mi fa
un male terribile. Ma la pesantezza della valigia mi fa quasi lasciare la
presa.
Con uno scatto di forza improvvisa, subito prima che
mi scivoli, afferro di nuovo la maniglia. Il cuore mi batte fortissimo perché
ho già visto la scena nella mia mente: la valigia che scivola e si scaraventa
su Elena che, inconsapevole, sta salendo le scale dopo di me. Meno male che
sono riuscita ad evitare il disastro; cerco di ricompormi senza svelare i miei
pensieri. Ma appena l’adrenalina passa, il dolore alla mano mi arriva al
cervello con una forza incredibile.
“Cominciamo bene!”. Ma non l’avevo già detto in
aereo? Speriamo che la sfortuna concluda qui le sue angherie!
E, di nuovo mi ritrovo a dire: purtroppo era solo
l’inizio…
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